Perché accetti meno amore di quanto meriti

Scopri perché ti accontenti di relazioni che ti fanno soffrire e come interrompere il ciclo delle vecchie ferite per ricevere l'amore che meriti.
Negli ultimi tempi più di un paziente mi ha citato una frase che li aveva colpiti profondamente:
"We accept the love we think we deserve" – "Riceviamo l'amore che crediamo di meritare", dal film Noi siamo infinito (The Perks of Being a Wallflower).
Questa frase è una sintesi potentissima di ciò che accade quando scegliamo chi amare e come farci amare. Ciò che pensiamo di meritare diventa un filtro invisibile che decide quanto sopportiamo, quando restiamo e quando troviamo il coraggio di dire basta. Ma perché accade? E soprattutto: possiamo cambiare?
La verità è che tutto inizia molto presto. Non è una convinzione che nasce da adulti: affonda le radici nell'infanzia, quando iniziamo a costruire la nostra "mappa" emotiva del mondo. Se i primi legami sono stati segnati da critiche, freddezza o ambivalenza, il bambino impara frasi silenziose come: "Non sono degno d'amore" oppure "Valgo solo se…". Crescendo, finiamo per cercare partner che confermino quello che già sappiamo. È come se la mente dicesse: "Vedi? Avevo ragione". Anche se fa male, il dolore noto sembra meno spaventoso dell'amore sconosciuto.
Nel frattempo, dentro di noi prende voce un giudice severo che non fa sconti: pesa ogni pensiero, emozione, desiderio e li svaluta. Così finiamo per sentirci non meritevoli di amore, anche quando una parte di noi grida il contrario. Questo ci intrappola in schemi che si ripetono senza che ce ne accorgiamo. Chi è stato amato solo a certe condizioni,inconsciamente, tende a replicare quelle stesse regole.
Ricordo una mia paziente: da bambina riceveva attenzioni solo se era "brava". Buoni voti, aiuto in casa, comportamenti impeccabili… e anche allora sentiva frasi come: "Hai fatto solo metà del tuo dovere". Mai un complimento pieno, mai un abbraccio gratuito. Da adulta ha scelto un partner simile: niente regali, anniversari dimenticati, nessun "ti amo". Le mancava nutrimento emotivo mentre il giudice interiore continuava a sminuire i suoi bisogni. Col tempo è scivolata in una forma di depressione sottile, simile a quella osservata da René Spitz nei bambini ospedalizzati: le cose che amava – correre, viaggiare – avevano perso senso. "Ma che le faccio a fare?" mi diceva. Quando mancano le carezze emotive, la vita perde colore.

...non è così grave...
L'Analisi Transazionale spiega bene questo meccanismo e offre strumenti concreti per uscirne. Uno di questi è lavorare sul senso di valore personale, imparando a distinguere tra amore condizionato e amore autentico. Berne parlava di Posizioni di vita: se pensi "Io non OK, Tu OK", rischi di accettare relazioni sbilanciate e distruttive. L'obiettivo è arrivare a "Io OK, Tu OK", imparando a proteggersi. Le decisioni infantili come "devo accontentarmi" o "per essere amato devo…" guidano le nostre scelte. Riconoscerle e rielaborarle è un atto liberatorio: puoi decidere chi vuoi essere e come vuoi essere amato.
Molti minimizzano i propri bisogni con frasi come: "Non è così grave, posso sopportare". Ma continuare così significa alimentare un copione che non ti renderà mai felice. Interromperlo è un atto di cura verso te stesso. E quei loop che ti fanno soffrire, ma sembrano inevitabili? In Analisi Transazionale si chiamano giochi psicologici: dinamiche ripetitive che tolgono energia e stima.
Un altro punto chiave è capire il ruolo delle Carezze. Sono ciò che ci fa sentire vivi. Berne le definiva unità di riconoscimento, indispensabili per crescere fisicamente e psicologicamente. Quando mancano, non cresciamo bene: lo dimostrano gli studi di Rene' Spitz sui bambini privati di affetto, che diventavano apatici, tristi e persino rischiavano la vita. Senza carezze, sorrisi e abbracci, non possiamo esistere davvero. Claude Steiner, con la sua teoria dell'economia delle carezze, ci ricorda che se non riceviamo carezze positive, finiamo per accontentarci di quelle negative. Perché persino un rimprovero sembra meglio dell'indifferenza, che svuota di identità e sicurezza emotiva.

le 5 regole tossiche
Le 5 regole tossiche dell'economia delle carezze secondo Steiner
1. Non dare carezze quando desideri darle
Spesso tratteniamo affetto, complimenti o gesti gentili per paura di rifiuto o giudizio.
Per esempio vuoi dire "ti voglio bene" ma non lo fai perché temi che l'altra persona possa ignorarlo.
2. Non chiederle quando le desideri
Eviti di chiedere riconoscimento, attenzione o supporto, anche quando ne hai bisogno.
Per esempio non chiedi mai un abbraccio o un "grazie" a chi ti è vicino.
3. Non accettarle quando le vorresti
Anche quando qualcuno ti offre affetto o apprezzamento, lo respingi o lo minimizzi.
Per esempio ricevi un complimento per il lavoro svolto, ma pensi "non è niente di speciale".
4. Non darne a te stesso
Non ti riconosci meriti, successi o amore verso te stesso. L'autostima resta bassa.
Per esempio ti critichi duramente se sbagli qualcosa invece di congratularti per l'impegno.
5. Non rifiutare le carezze che non vuoi ricevere
Molte persone accettano qualsiasi carezza (positiva o negativa), anche quando in quel momento non la desiderano, perché pensano che rifiutarla sia ingiusto o difficile.
Per esempio qualcuno ti regala un gioiello, ma tu desideri solo un abbraccio; accettare il gioiello non ti dà il nutrimento emotivo di cui hai bisogno mentre l'abbraccio sì. Rifiutare ciò che non vuoi non significa essere egoisti, ma proteggere i tuoi bisogni emotivi.
Rompere queste regole significa imparare a scegliere consapevolmente le carezze che ci nutrono:
Dare carezze quando le senti
Chiederle quando le vuoi
Accettare ciò che vuoi ricevere
Darne a te stesso
Rifiutare ciò che non vuoi, anche se è positivo o negativo, perché in quel momento non risponde ai tuoi bisogni
Per cambiare davvero non basta la consapevolezza: serve un lavoro profondo che ti insegni a distinguere i fatti dalle credenze limitanti ("non valgo"), a sostituire le decisioni infantili con scelte consapevoli, a creare una nuova economia delle carezze fatta di riconoscimenti sinceri, affetto e relazioni sane. Significa imparare a dire NO senza sensi di colpa, bloccare la svalutazione e allenare la posizione esistenziale "Io OK, Tu OK".
La frase di Chbosky racconta bene questa verità: le vecchie ferite guidano le scelte, e finché non impariamo a cambiare gli schemi interni continueremo ad accettare l'amore che crediamo di meritare. E tu? Stai accettando l'amore che meriti, o stai sopravvivendo in relazioni che ti fanno sentire piccolo? Oggi puoi iniziare a cambiare: riconoscere il tuo valore, pretendere rispetto, costruire legami che ti facciano sentire vivo. Non sarà immediato, ma è possibile. Perché meriti molto più di quanto credi.

Bibliografia
Berne, E. (1961). Transactional Analysis in Psychotherapy. Grove Press.
Berne, E. (1964). Games People Play. Grove Press.
Steiner, C. (1971). Scripts People Live. Grove Press.
Spitz, R. A. (1945). Hospitalism: An Inquiry into the Genesis of Psychiatric Conditions in Early Childhood. The Psychoanalytic Study of the Child, 1, 53–74.
Chbosky, S. (1999). The Perks of Being a Wallflower. Pocket Books.
Shapiro, F. (2018). EMDR: The Breakthrough Therapy for Overcoming Anxiety, Stress, and Trauma. Basic Books.
Erickson, M. H., & Rossi, E. L. (1979). Hypnotherapy: An Exploratory Casebook. Irvington Publishers.
Cornell, W. (2011). Self-States and Ego States. Transactional Analysis Journal, 41(4), 320–335.
Van der Kolk, B. (2014). The Body Keeps the Score: Brain, Mind, and Body in the Healing of Trauma. Viking.