Il Vaso di coccio: viaggio tra le crepe del senso di colpa.

C'è una colpa che non parla, ma si fa sentire. Come un sussurro tra i pensieri, come il fruscio delle foglie secche come un vento freddo che ti accarezza la nuca senza avvertire.
E' un nodo allo stomaco che stringe.
Una donna sempre considerata forte e resiliente, durante la malattia oncologica inizia a percepire per la prima volta la propria fragilità. Nei sogni si vede in una stanza di vetro che si incrina lentamente sotto il suo peso: sente paura e impotenza, emozioni che non aveva mai permesso a sé stessa di provare. Al risveglio, porta con sé un senso di colpa sottile, quasi invisibile, per la sua fragilità, come se non fosse "giusto" sentirsi debole.
Ogni memoria, ogni emozione, ogni piccola inadeguatezza accumulata diventa un colore, un suono, una consistenza. Il senso di colpa si manifesta come una voce interiore che bisbiglia, un peso che preme leggero e insistente.
Ma portandolo alla luce, osservandolo con attenzione e cura, inizia il cambiamento. Si può sentire il peso e alleggerirsi, le tensioni sciogliersi, le emozioni fluire come acqua che trova la sua strada. È un viaggio interiore dove impari ad accogliere te stesso e a trasformare ciò che sembrava immobile in un movimento di liberazione.

Chi sopravvive a una malattia porta con sé un peso invisibile, un bagaglio di emozioni che si insinuano tra i giorni di recupero, tra la paura di ricadere e la fatica di ricostruire una vita segnata dall'esperienza della malattia. La letteratura internazionale lo chiama "survivor guilt",il "senso di colpa del sopravvissuto" (Lifton, 1967), un sentimento comune a chi ha attraversato eventi traumatici e ne è uscito vivo, con il timore inconscio di non meritare la sopravvivenza.
Nei pazienti oncologici, questo senso di colpa spesso si manifesta come un sussurro che accompagna ogni pensiero: la colpa di essere sopravvissuti mentre altri non lo sono, di non aver fatto abbastanza prevenzione, di essere un peso per chi gli sta vicino, o di non aver vissuto pienamente prima della malattia. Talvolta, assume anche una dimensione spirituale, come se la propria guarigione fosse stata immeritata o una punizione evitata.
Spesso, questa colpa si intreccia con messaggi interiorizzati fin dall'infanzia che l'Analisi Transazionale chiama Ingiunzioni e Spinte di Copione che limitano la libertà emotiva della persona, generando un circolo di autocritica e rimorso.

Come le Ingiunzioni si Manifestano nella colpa?
- Non essere importante: "Mi sento in colpa a ricevere tutte queste cure"
- Non esistere: "Non avrei dovuto sopravvivere".
- Non essere sano: "Ora che sto meglio, sento che non è giusto" .
- Non essere vicino :"Ho paura di chiedere aiuto, li faccio soffrire" .
- Non riuscire: "Sento di deludere chi mi sostiene" .
- Allo stesso modo ritroviamo la manifestazione delle Spinte di Copione nella colpa.
- Sii perfetto: colpa per non reagire come "dovrei" alla malattia.
- Compiaci: colpa per non riuscire a far star bene gli altri.
- Sforzati: colpa se mi sento stanco e non lotto abbastanza.
- Sii forte: colpa per i momenti di fragilità.
- Sbrigati: colpa perché la guarigione non è immediata

Un uomo di 52 anni, sopravvissuto a un percorso oncologico complesso, racconta di sentirsi fragile e percepire di essere un peso per gli altri. Nei suoi sogni ricorrenti, si trova davanti a un vaso di coccio, delicato e pieno di crepe interne. Ogni crepa sembra suggerire che il vaso potrebbe rompersi da un momento all'altro. Prova rabbia verso se stesso per la propria fragilità e un profondo timore di deludere chi gli sta vicino.
Il vaso diventa la sua metafora interiore: fragile, vulnerabile, suscettibile a fratture emotive, ma ancora capace di conservare la propria forma nonostante le crepe. Le crepe raccontano emozioni represse, conflitti interiori e sensi di colpa mai completamente espressi.
E nel viaggio terapeutico il vaso diventa una guida nel percorso di riconciliazione con il proprio senso di colpa che inizia osservando il vaso di coccio come se fosse se stesso. Il paziente viene invitato a fermarsi davanti a questo oggetto fragile, a notarne la forma, le crepe, la delicatezza. In quell'osservazione nasce il primo contatto con le proprie emozioni: paura, rabbia, vergogna, senso di colpa. Il vaso diventa uno specchio, simbolo della propria vulnerabilità, e accettarlo significa iniziare a dare voce a ciò che spesso resta nascosto.
Ogni crepa del vaso racconta una storia: un ricordo doloroso, una paura mai pronunciata, un giudizio interiore che ha pesato silenzioso per anni. Raccontare queste crepe, scrivere o narrare ciò che custodiscono, permette di trasformare il dolore implicito in qualcosa di concreto e osservabile. In questo modo, le emozioni smettono di essere sensazioni confuse e diventano narrazioni che possono essere comprese e integrate.

L'EMDR e la PNL aiutano
Strumenti come l'EMDR e la PNL aiutano a desensibilizzare ricordi dolorosi e a ristrutturare le percezioni interiori. Con visualizzazioni guidate, il paziente può immaginare di rinforzare simbolicamente il vaso, consolidando le parti fragili e imparando a convivere con le crepe senza sentirsi distrutto. La fragilità non è più un pericolo, ma una componente preziosa della propria identità.
Parallelamente, si esplorano le origini del senso di colpa, distinguendo ciò che nasce da eventi concreti da ciò che deriva da norme interiorizzate durante l'infanzia. Capire la differenza tra colpa reale e colpa interiore permette di liberarsi da pesi immotivati e di riscoprire la propria libertà emotiva.
Col tempo, il vaso di coccio smette di essere solo un simbolo di fragilità e diventa emblema di resilienza: fragile ma resistente, prezioso anche nelle sue imperfezioni. Piccoli gesti quotidiani di auto-compassione e cura di sé consolidano questa nuova narrazione, trasformando la fragilità in risorsa e il senso di colpa in consapevolezza. La vita può essere ridefinita; le decisioni diventano consapevoli, la fragilità condivisa diventa empatia, e il vaso – con tutte le sue crepe – resta integro, unico e vivo.
Il vaso di coccio ci mostra che la fragilità non è debolezza, ma un segno di vita vissuta. Le sue crepe custodiscono la luce della resilienza e le risorse che abitano dentro di noi, trasformando il senso di colpa in forza e ogni fragilità in un invito a rinascere più consapevoli e completi.

Bibliografia
Berne, E. (1972). Ciao!... e poi? Astrolabio.
Goulding, M. & Goulding, R. (1976). Il cambiamento di copione. Astrolabio.
Stewart, I. & Joines, V. (2016). L'Analisi Transazionale oggi. Angeli, pp. 157-170.
Grassi, L. & Nanni, M. G. (2016). Psiconcologia. Il Mulino, pp. 132-138.
Lifton, R. J. (1967). Death in life: Survivors of Hiroshima. Random House.
Puliatti, M. (2019). EMDR e malattie croniche. Franco Angeli.
Puliatti, M. (2022). Psico-Oncologia e MDR. Franco Angeli.